«Vi racconto perché mia figlia Isabella vive grazie ai donatori»
Inizia la nuova rubrica di AVIS Nazionale “#GOCCIAdopoGOCCIA – L’importanza della donazione”. Parla Barbara, la mamma della bambina affetta da immunodeficienza comune variabile
C’è un momento nella vita in cui si pensa di aver toccato il punto più alto. Il compimento della propria missione su questa Terra: l’aver dato alla luce una nuova vita. Diventare genitori, in fin dei conti, vuol dire a sua volta iniziarla da capo una nuova vita. Cambiare le abitudini, i ritmi che scandiscono ogni giornata, le priorità. Poi però, a volte, può capitare che quella stessa nuova vita inizi in salita. E allora arrivano disorientamento, incertezza, paura.
Isabella è una bambina di 10 anni che vive insieme ai genitori, alla sorella maggiore e al fratello, a Baranzate, un comune alle porte di Milano. La sua storia è forse la miglior lezione che ciascuno di noi, soprattutto chi si diverte a diffondere teorie “sui generis” su pandemia, vaccini e donazione, dovrebbe ascoltare. Nonostante la giovanissima età è una paziente cronica: immunodeficienza comune variabile è il nome dell’invadente compagna di viaggio che le si è seduta accanto poco dopo essere nata.
È con lei che inizia “#GOCCIAdopoGOCCIA – L’importanza della donazione”, la nuova rubrica di AVIS Nazionale che ogni venerdì darà spazio alle testimonianze di chi, grazie al gesto etico e solidale dei donatori, ha la possibilità di contare su terapie salvavita.
La storia
«Isabella è la nostra terza figlia – racconta la mamma Barbara – e ha manifestato problemi già poco dopo essere venuta alla luce. Inizialmente questi disagi si manifestavano come banali raffreddori, per poi trasformarsi in bronchioliti, broncopolmoniti fino a otiti ricorrenti con perforazione del timpano». Che la situazione fosse seria Barbara lo capisce dai pianti della piccola costretta, inevitabilmente, a trascorrere buona parte dei suoi primi 11 mesi di vita più in ospedale che a casa: «Non riuscivamo a trovare una soluzione, avrà avuto un’ottantina di queste otiti perché gli antibiotici che assumeva erano insufficienti. Ogni volta che veniva ultimato il ciclo, l’infiammazione si riproponeva».
Diagnosi e terapia
Nella disperazione, però, una nota positiva: la diagnosi all’ospedale Sacco arriva dopo pochi mesi, quindi si capisce immediatamente quale sia la strada da intraprendere. L’immunodeficienza comune variabile è una forma rara che ha come caratteristica quella di portare i livelli di ogni anticorpo sotto la norma. La terapia consiste nell’infusione sottocutanea di immunoglobuline derivate dal plasma donato: «Isabella si sottopone una volta al mese a queste punture. È una procedura che abbiamo iniziato quando aveva appena 11 mesi – ricorda la mamma – e che dovrà fare per tutta la vita». Un farmaco salvavita senza il quale «mia figlia rischierebbe di contrarre in qualunque momento infezioni che potrebbero avere esiti fatali – dice senza mezzi termini – Quando ci si trova con bambini così piccoli, poter contare su medicinali di questo tipo è fondamentale per le aspettative di vita che hanno di fronte. Senza contare i benefici che questo comporta in termini di qualità della vita stessa: Isabella può andare a scuola, fare sport e giocare con i suoi amici. Tutto questo grazie ai donatori e io stessa, che vengo da una famiglia di donatori e faccio lo stesso insieme a mio marito, lo so bene». Ma il cammino non è così facile.
La pandemia e gli effetti sulle cure
Il Covid, quando si devono gestire situazioni del genere, complica ulteriormente i piani. E lo fa in maniera estremamente inaspettata e pericolosa. Dal 2020 a oggi, infatti, Isabella ha dovuto cambiare terapia due volte perché, spiega Barbara, «a seguito del calo delle donazioni l’emoderivato inizialmente prescritto per mia figlia non era più disponibile. Oggi, fortunatamente, riesce a curarsi, ma le infusioni a cui deve sottoporsi sono piuttosto complicate da gestire». Per poterle fare a casa, Barbara e suo marito hanno dovuto seguire un corso specifico per iniettare in maniera corretta il farmaco. Si tratta di un procedimento che prevede due fasi: nella prima si inietta dell’acido ialuronico che ha il compito di “rompere i tessuti” e creare una sacca (ialuronidasi) dove, nella seconda fase della procedura, viene infuso il medicinale plasmaderivato. Questa sacca ha poi il compito di rilasciare gradualmente le immunoglobuline nell’organismo. Che impatto ha il Covid su tutto questo? Come viene vissuta la pandemia? «Non senza difficoltà, ma nella maniera più lucida possibile – spiega – Fortunatamente i fratelli di Isabella sono ben consapevoli della sua patologia e dei rischi che può correre se venissero seguiti comportamenti sbagliati. Tuttavia, a parte i periodi di lockdown, tutti sono andati sempre a scuola con prudenza e attenzione». E la stessa Isabella non è da meno: «Lei conosce benissimo la sua malattia e, in caso di mancate procedure di sicurezza a scuola (compagni di classe che non indossano la mascherina, ndr), è la prima a segnalarlo agli insegnanti. Solo con intelligenza e cultura si possono fare le cose».
Le bufale provocano un danno alla nostra collettività. L’ignoranza si combatte solo studiando
Le teorie strampalate e le paure
Intelligenza e cultura. Ha ragione Barbara, due concetti alla base di una sana e corretta crescita e, in questo caso, capacità di assistenza socio-sanitaria. Tante le notizie false e pericolose che si rincorrono in questo periodo: nei giorni scorsi anche il direttore del Centro Nazionale Sangue, Vincenzo De Angelis, è intervenuto su questo tema. Ma con quale preoccupazione si legge e si ascolta di chi vorrebbe “fermare e far crollare il sistema”? «Con una paura enorme. Siamo terrorizzati e, in qualità di Tesoriere di AIP (l’Associazione immunodeficienze primitive, ndr), posso confermare che in diverse regioni italiane molti pazienti come Isabella hanno visto saltare le terapie per la carenza di questo farmaco. Siamo donatori anche noi – prosegue – capiamo i timori di tutti, ma è bene fare chiarezza su una cosa: chi dice di voler “fermare le donazioni” sappia che così facendo sceglie di condannare a morte migliaia di pazienti. Mia figlia e tanti come lei, senza i plasmaderivati frutto della scelta etica e volontaria dei donatori, non avrebbero possibilità di cure né di vita. Vivere o morire, sembra brutto, ma la scelta ruota intorno a questo: non donare significa negare l’esistenza a chi lotta per averla».
Cosa fare e perché i donatori sono così preziosi
Sulle armi da utilizzare contro chi diffonde informazioni e teorie avventate, Barbara non ha dubbi: «La cultura. Studiare e fare corretta informazione sono le uniche strade da percorrere. Strumentalizzare ciò che viene detto dagli specialisti significa fare un gioco che va solo a colpire i più fragili. Le bufale provocano un danno alla nostra collettività, l’ignoranza si combatte solo studiando». Anche perché, conclude, «la dimostrazione che si tratta di sciocchezze è sotto gli occhi di tutti. Le persone vivono grazie alle donazioni di sangue e plasma. Le terapie salvavita sono a disposizione di tutti proprio perché esistono i donatori. Quelli che diffondono tante bugie pericolose dovrebbero venire a casa mia e di tutte quelle altre famiglie che convivono con queste situazioni: almeno lì, forse, riuscirebbero a capire cosa è possibile fare grazie agli emocomponenti».