Strutture rinnovate e personale sanitario, ecco le sfide del PNRR

Il webinar organizzato da AVIS Nazionale martedì 28 settembre ha rappresentato un momento prezioso di confronto sulle opportunità che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza potrà offrire all’associazione e al Paese

 

La sfida per il futuro è chiara: sfruttare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per rinnovare le strutture e aumentare il personale sanitario così da assicurare continuità assistenziale e maggiore facilità di accesso ai centri trasfusionali. Il webinar di martedì 28 settembre organizzato da AVIS Nazionale lascia un’eredità importante all’intero Terzo Settore e alle amministrazioni pubbliche, ribadendo quanto co-progettazione, dialogo e co-programmazione siano le uniche strade per ottenere e mantenere i migliori risultati a tutela della collettività.

Moderato dalla giornalista scientifica e conduttrice televisiva Lorella Bertoglio, l’incontro, che è rientrato nel ciclo “Be Good”, ha visto la partecipazione dell’avv. Mario Araneo, del dott. Claudio Pier Paolo Zanon, direttore scientifico del magazine online “Motore sanità”, e della portavoce del Forum del Terzo Settore, la dott.ssa Claudia Fiaschi. Sviluppato dopo la positiva esperienza del convegno promosso dall’Avis Regionale Lombardia lo scorso 4 settembre, il webinar ha permesso di approfondire il tema della collaborazione tra enti e istituzioni, focalizzando l’attenzione in particolare sulle opportunità che il PNRR da poco approvato offrirà non solo ad AVIS, ma all’intero Paese. Specialmente in ambito socio-sanitario, terreno in cui la nostra associazione ha dimostrato, anche nell’estate da poco conclusa, di essere un costante punto di riferimento: «Il fatto di essere riusciti a garantire terapie salvavita ai pazienti cronici e a non dover rinviare gli interventi chirurgici conferma quanto l’impegno dei donatori sia strategico – ha spiegato il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, nel corso del suo discorso introduttivo – La sfida inizierà già da ottobrequando tutti gli ospedali riprenderanno il pieno delle attività post vacanze, motivo per cui ci sarà bisogno non solo dei donatori periodici, ma soprattutto dei nuovi per incrementare le scorte».

 

Distribuzione dei centri di raccolta e personale carente

Tuttavia, la priorità deve essere il recupero del rapporto con le istituzioni pubbliche. «Il settore trasfusionale non è così appetibile – ha sottolineato Briola – per questo occorre individuare una soluzione con i nostri stakeholder per mettere in condizione le persone di andare a donare con facilità. Ciò è possibile solo rendendo più elastici gli orari di ingresso nei centri trasfusionali e per farlo è necessario che le istituzioni potenzino l’informatizzazione dei dati, che si impegnino dialogando con noi per aumentare il personale che lavora in ambito trasfusionale e che riducano la disparità nella distribuzione dei centri di raccolta». Il presidente ha infatti rilanciato il problema legato alle ridotte quantità di sangue intero e plasma che vengono raccolte nelle regioni del Sud, territori che devono fare i conti anche con la maggiore presenza di pazienti cronici (talassemici in primis) che necessitano di trasfusioni costanti: «Se ogni Regione iniziasse a correre di più il fabbisogno nazionale sarebbe garantito. Questa è l’opportunità che il PNRR offre non solo a noi, ma all’intero sistema Italia: utilizzare gli ingenti investimenti previsti per rinnovare le case della salute e programmare una riorganizzazione che punti su professionalità, capacità e idee chiare. Perché il benessere e il futuro sono di tutti e vanno garantiti a tutti, soprattutto in termini di salute».

 

Lo scenario che offre il PNRR

Una scommessa per i prossimi anni. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta questo e l’Europa stessa se lo aspetta. Ma cos’è il PNRR e come ci si è arrivati? Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un programma preparato dal nostro Paese con l’obiettivo di rilanciare la fase post pandemia e favorire lo sviluppo e, appunto, la ripresa nazionale. Questo piano fa parte del cosiddetto Next Generation EU, il fondo per la ripresa attivato dall’Unione Europea per il dopo-Covid. A spiegare il perché di un intervento di questo tipo è stato l’avvocato Mario Araneo: «È vero che il nostro Paese ha subito, per così dire, l’attacco più duro dal Covid, ma è altrettanto vero che dai alla mano, nel decennio 2009-2019 la crescita del pil italiano non è arrivata al 10%. Per fare un raffronto, basti sapere che Francia e Germania, nello stesso periodo, hanno toccato il 30-35%, mentre la Spagna ha superato il 40%. Ecco perché la sfida primaria del PNRR sarà quella di riuscire a colmare questo gap».

Un’opportunità non solo per superare la crisi economica, ma anche per fornire una prospettiva concreta e ridisegnare a livello generale il sistema Paese. Per fare questo, il Next Generation Eu parte da obiettivi centrali come l’accelerazione della transizione ecologica e digitale «il 37% delle risorse verrà impiegato per la prima, mentre il 20% nella seconda», ha spiegato l’avvocato, per poi concentrarsi sulla formazione di chi deve operare in questi settori, unita a politiche che garantiscano unità di genere: «Le politiche andranno concentrate verso le nuove generazioni – ha sottolineato – e per farlo è necessario un radicale cambio del sistema educativo nelle scuole. In questo devono entrare in gioco gli Enti del Terzo Settore (che non erano stati inclusi nel precedente Piano, ndr), attraverso lo sviluppo di progetti co-programmati con le istituzioni: non ci può essere rigenerazione se non c’è una rigenerazione sociale».

 

Le opportunità per il Terzo Settore e, nella fattispecie, per AVIS

«L’obiettivo da centrare è riuscire ad assicurare le stesse opportunità di crescita e di accesso ai servizi a tutti i cittadini: solo così potremo migliorare la vita dei più fragili». Ha iniziato così il suo intervento la portavoce del Forum del Terzo Settore, Claudia Fiaschi. Un intervento che, inevitabilmente, ha provato a fornire un quadro il più dettagliato possibile sulle opportunità che il Piano offre a questo settore. Partendo proprio dall’ambito sanitario: «Il primo elemento di semplificazione è riuscire a integrare sociale e sanitario. La non autosufficienza è la preoccupazione maggiore in un Paese come il nostro che ha un invecchiamento precoce. Il ruolo del Terzo Settore nel PNRR è trasversale: valorizzare il tessuto di iniziative già in essere è fondamentale, ma la partita da vincere è dentro le comunità. In questo – ha sottolineato – la transizione digitale rappresenta la svolta. Il Covid, per forza di cose, ha fatto capire quanto l’innovazione tecnologica possa agevolare la vita e i rapporti quotidiani, ma dobbiamo fare di più per consolidare la rete tra gli enti del Terzo Settore. Parliamo di un insieme di grandi cittadini che ogni giorno fanno cose che rendono forte l’intero Paese: ecco perché si meritano che questa chance non venga sprecata». E per non sprecarla il primo step è quello dello sblocco dei ristori da destinare alle realtà del Terzo Settore che sono state più colpite dalla pandemia: «Parliamo di oltre 200 milioni di euro che, seppur allocati e destinati, non sono ancora stati deliberati – ha concluso – Il fronte per “liberare” questi fondi è stato aperto, ci auguriamo che non debba passare ancora tempo».

 

Il PNRR come strumento di cambiamento del SSN

E se parliamo di opportunità non possiamo non spiegare quali siano quelle che il Piano offre all’intero Servizio Sanitario Nazionale. Implementare i modelli di cura domiciliare e allocare risorse per un modello capace di soddisfare i bisogni che ora non sono garantiti, sono solo alcune delle linee guida da seguire per abbattere la povertà sanitaria e assicurare a tante persone il libero accesso a cure e farmaci. Ne è convinto il dottor Claudio Pier Paolo Zanon, direttore scientifico del magazine online “Motore sanità” il cui intervento si è incentrato proprio sull’importanza della medicina territoriale: «L’Home Care, le Case di Comunità, gli ospedali di Comunità e le centrali di coordinamento sono gli assi su cui poggia la nuova medicina extraospedaliera, con gli obiettivi di una presa in carico completa e possibile e una trasversalità vera tra ospedale e territorio. Parte di questi obiettivi da raggiungere e terminare entro la fine del 2026 sono frutto del lavoro già in essere in alcune regioni, come le Case della salute o le strutture intermedie, mentre altre quali l’assistenza domiciliare sono da costruire, così come l’uso progressivo della tecnologia come la telemedicina». In base al PNRR nella Casa della Comunità sarà presente il punto unico di accesso alle prestazioni sanitarie: sarà una struttura fisica in cui opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialisti, infermieri di comunità e altri professionisti della salute e assistenti sociali. Ma cosa sono le Case della Comunità? Si tratta di strutture sanitarie, promotrici di un modello di intervento multidisciplinare, nonché luoghi privilegiati per la progettazione di interventi di carattere sociale e di integrazione sociosanitariaIl posto dove il cittadino può trovare una risposta adeguata alle diverse esigenze sanitarie o sociosanitarie. «Una Casa ogni 15.000-25.000 abitanti, tuttavia, è un rapporto che non copre l’intero territorio nazionale – ha proseguito Zanon – Quasi 1.300 sono quelle da mettere in piedi: alcune già esistono, ma non bastano. La necessità del cittadino-paziente è il punto da cui partire, la sfida da vincere attraverso uno strumento fondamentale quale è il PNRR».

 

Qui di seguito i link da cui è possibile consultare le slide dei relatori: