Il ruolo dei donatori di fronte a talassemia e terapie trasfusionali

Il tema delle emoglobinopatie è stato al centro del webinar organizzato dall’agenzia di comunicazione sanitaria, McCann Health. Ospite dell’incontro, il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, che ha ribadito il ruolo strategico della donazione e dei volontari

 

Disordini ereditari, malattie del sangue, terapie e costi di gestione dei pazienti. Sono stati solo alcuni dei temi al centro di “Dalle trasfusioni alle terapie avanzate: prospettive future nelle emoglobinopatie”, il webinar organizzato nei giorni scorsi da McCann Health, l’agenzia di comunicazione sanitaria globale. Ospite dell’incontro, insieme ad altri specialisti del settore trasfusionale e a rappresentanti delle associazioni dei pazienti, è stato il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, che ha sottolineato quanto il ruolo della donazione e degli oltre un milione e 300mila volontari periodici riuniti sotto il nome dell’associazione, siano strategici per assicurare trasfusioni e terapie salvavita per migliaia di persone.

 

Numeri ufficiali della SITE (la Società italiana talassemie ed emoglobinopatie) fissano a 7.102 i pazienti che, in Italia, sono affetti da forme talassemiche. Le manifestazioni cliniche della malattia possono essere molto variabili, da forme paucisintomatiche a quadri sintomatologici caratterizzati da grave anemia cronica, incompatibile con la vita se non curata. Attualmente, i pazienti, sulla base della loro necessità di ricevere trasfusioni, vengono classificati in due gruppi: quelli con talassemia trasfusione-dipendente (TDT) e quelli con talassemia non-trasfusione-dipendente (NTDT)La β-talassemia è quella più diffusa nel bacino del Mediterraneo, anche se i dati epidemiologici sono tuttora incompleti: ad oggi il numero di soggetti NTDT in Italia può essere stimato intorno a 6.500-7.000. Il trattamento comprende regolari trasfusioni di sangue, la terapia ferrochelante per il controllo del sovraccarico marziale (indotto dalle trasfusioni e dall’aumentato assorbimento intestinale di ferro) e la splenectomia (meno frequente che in passato). Un ambito in cui, in prima fila, ci sono proprio i donatori di sangue.

 

Come ha spiegato il presidente Briola, infatti, «da sempre la nostra associazione procede fianco a fianco con le realtà rappresentative dei pazienti, con le quali coordiniamo le attività legate alla raccolta sangue. Il fatto di vedere la donazione come terapia più importante contro queste patologie implica poter contare sulla disponibilità non solo degli emocomponenti, ma dei donatori stessi. Un qualcosa che anche nel corso della pandemia non è mai mancato». Nel corso del suo intervento, il presidente ha riportato alcuni dati ufficiali in base ai quali il 40% del sangue raccolto nel nostro Paese è frutto delle donazioni avvenute nelle unità associative. Una condizione che «negli anni ha permesso di compiere un passo in avanti importantissimo, riconoscere cioè la donazione come un LEA (Livello essenziale di assistenza). Programmazione e prenotazione del gesto etico e non remunerato rappresentato le linee guida che, come ampiamente dimostrato nei mesi critici del lockdown, secondo Briola dovranno caratterizzare l’attività e l’impegno di tutti gli stakeholder dell’ambito trasfusionale da qui in avanti: «I donatori periodici sono le persone che offrono migliori garanzie non solo per i costanti controlli a cui si sottopongono, ma anche per le risposte tempestive in caso di necessità. Tuttavia, per continuare a garantire trasfusioni e terapie salvavita ai pazienti con talassemie ed emoglobinopatie, è necessario agire insieme per uscire dal concetto dell’emergenzialità della donazione e attuare una riorganizzazione dei centri trasfusionali che consenta ai donatori di poter contare su orari di accesso più flessibiliIn un anno oltre 600mila sono le persone che ricevono una trasfusione – conclude – questo significa che è necessario assicurare il fabbisogno di emocomponenti. Accogliere il donatore e metterlo nella condizione di poter compiere il suo gesto con più facilità possibile significa far sì che questa macchina socio-sanitaria non si fermi mai. Per questo è importante per noi dialogare costantemente con i pazienti: reclutare nuovi donatori è fondamentale, ma ancor di più lo è conoscere le voci e i volti di chi, grazie a quei donatori, si può curare e può vivere serenamente».