Dal Messico agli Usa per donare il plasma a pagamento.

Ecco perché il sistema Italia è un modello

«Ci danno 65 dollari ogni cinque donazioni, ma se salti un appuntamento, niente». E poi ancora: «Se ti sei ammalato di Covid e hai sviluppato gli anticorpi, addirittura, ci pagano 100 dollari per una donazione». Domenica 1° novembre, durante l’edizione serale del Tg2, è andato in onda un servizio sull’ormai tristemente famosa traversata che molti messicani fanno per andare a donare il plasma negli Stati Uniti.

Le dichiarazioni che leggete appartengono alla signora Maria (nome di fantasia). Due volte a settimana parte da Matamoros, città al confine tra Messico e Texas, per andare a Brownsville, nello stato americano, e donare il plasma. Lo fa per necessità economiche perché, come racconta al giornalista, «con la pandemia ho perso il lavoro e servono soldi. Da marzo la frontiera tra i due stati è chiusa: possono passare solo i donatori». Il servizio del Tg2 riprende un tema ormai noto come quello della donazione a pagamento. Un qualcosa che avevamo approfondito anche sull’ultimo numero di AVIS SOS, interamente dedicato a plasma e plasma iperimmune. Donare in cambio di denaro permette a molti di poter avere la disponibilità di acquistare libri scolastici per i figli. Per tanti altri, e la Maria in questione lo conferma, è addirittura la sola fonte di sostentamento: donando ai ritmi raccontati nel servizio si arrivano a toccare, se non ad oltrepassare, le 100 donazioni all’anno. Tanto per far capire la differenza, in Italia il limite è 20. Il giornalista chiede se Maria non abbia paura di sentirsi sfruttata e lei risponde: «Sono mali necessari perché tanta gente ne ha bisogno».

 

Ma con quali rischi? «Storie come queste, al di là delle difficoltà a cui umanamente siamo assolutamente vicini, devono servire a ribadire ancora una volta perché il sistema trasfusionale italiano debba essere considerato un modello – spiega il presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola – Poter contare su una scelta volontaria e non remunerata non rappresenta solo un valore etico, ma una garanzia di qualità del plasma donato e di sicurezza per lo stesso donatore. Donare il plasma, come nel caso della signora in Messico, due volte a settimana per superare le 100 donazioni in un anno, è un’azione molto pericolosa non solo per la qualità del plasma che viene raccolto (che rischia di perdere le sue proprietà principali), ma per la salute stessa della signora così come di tutte le altre persone che compiono il suo gesto. Tanto più in riferimento al plasma iperimmune contro il Covid. L’autosufficienza da farmaci plasmaderivati è un traguardo che dobbiamo tagliare insieme, considerando che i pazienti sono costretti ad utilizzare i farmaci derivanti dal mercato commerciale, senza mai prescindere dai valori che da sempre sono il fondamento di AVIS e dell’intero sistema trasfusionale italiano».