I pazienti non conoscono vacanze. Il plasma mi ha salvato la vita

Grazia Cascino è affetta da porpora trombotica trombocitopenica, una malattia rara del sangue. Si è curata grazie alla plasmaferesi e ancora oggi convive con questa patologia: ci racconta la sua storia per GOCCIAdopoGOCCIA

 

«Nonostante tutto mi ritengo fortunata e lo ripeto sempre anche alla mia famiglia. Ai donatori dico non fermatevinon stancatevi mai di fare del bene, perché come me ci sono tanti altri pazienti le cui vite dipendono da voi». Grazia Cascino è originaria di Gela. Ha 42 anni, ma a poco più di 20 si trasferisce a Genova dove ancora oggi vive con il marito Rosario e i figli Giosuè e Martina.

 

La sua storia, il momento che segna un cambiamento inaspettato, risale a quattro anni fa: maggio 2018. Grazia inizia ad accusare in maniera più accentuata la stanchezza: «Lavorando ogni giorno e occupandomi dei figli e della scuola le mie giornate erano sempre molto piene – racconta – ma di dormire nel corso del pomeriggio non mi era mai successo». Inizialmente nessun allarme, attribuisce il tutto allo stress quotidiano e le giornate passano regolarmente. Piano piano però compaiono altri sintomi: prima i disturbi gastrointestinali, poi l’appannamento della vista: i controlli a livello oculistico e neurologico, tuttavia, non evidenziano nulla. Gli episodi “sospetti”, però, iniziano a farsi più frequenti: «Un giorno, dopo essere stata in spiaggia, ho notato una serie di macchie rosse sul corpo, ma ho attribuito la cosa al troppo sole che avevo preso. Successivamente sono comparse le cosiddette petecchie, ma essendo un soggetto allergico ho pensato a una reazione di quel tipo».

 

Grazia CascinoGrazia Cascino

Poi, finalmente, il caso che permette di fare luce sulla situazione generale: «Ho dovuto accompagnare mia nipote in ospedale per effettuare gli esami necessari a capire se fosse portatrice sana o meno di talassemia – spiega Grazia – I medici convincono anche me e mio marito a ripeterli, nonostante li avessimo già fatti prima delle gravidanze. Nemmeno il tempo di arrivare a casa che dall’ospedale mi chiamano per avvisarmi che ho i valori di piastrine ed emoglobina bassissimi e che devo necessariamente tornare indietro». Una volta tornata al Galliera, Grazia mostra ai sanitari gli ematomi che, negli ultimi giorni, le erano comparsi sul corpo: «I medici intuiscono che c’è qualcosa di grave e mi indirizzano subito al San Martino (l’altro ospedale di Genova, ndr) dove vengo ricoverata». Anche lì gli esami del sangue confermano che bisogna agire in qualche modo e Grazia riceve la sua prima trasfusioneè luglio 2018, ma di diagnosi ancora nulla. Anzi: «Il timore era che avessi una leucemia fulminante – prosegue – e da lì inizio ad assumere cortisone e farmaci immunosoppressori». Ma la situazione non cambia. Dopo due test del midollo osseo, però, finalmente alla donna viene fornita una diagnosiporpora trombotica trombocitopenica, una malattia rara del sangue caratterizzata dalla formazione patologica di aggregati di piastrine (trombi) che, ostruendo i vasi sanguigni, provocano una pericolosa diminuzione dell’apporto di ossigeno a diversi organi. 

 

Può essere di due tipologie:

 

  • Ereditaria, che si manifesta subito dopo la nascita, con valori molto bassi di piastrine (trombocitopenia);
  • Auto-immune, che si manifesta durante l’adolescenza o in età adulta, con sintomi molto variabili: dal pallore cutaneo o porpora a piccole emorragie cutanee, passando per perdita di sangue dal naso o dalle gengive, flussi mestruali abbondanti, mal di testa, debolezza muscolare e alterazioni della vista. Nei casi gravi possono manifestarsi convulsioni o coma. Nel corso della vita, gli episodi di porpora trombotica trombocitopenica possono essere singoli oppure ripetuti.

 

Una volta capito chi è il “nemico” da battere e continuando a non rispondere alla terapia farmacologica, Grazia inizia a sottoporsi alla plasmaferesi: «Ricevevo 10 sacche al giorno, per poi alternare le sedute una volta dimessa dall’ospedale. Grazie al plasma dei donatori sono riuscita ad arrivare fino alla fine del 2021, quando mi hanno iniziato a dare il Rituximab (un anticorpo monoclonale utilizzato come trattamento per alcune malattie autoimmuni, oltre che per il linfoma non Hodgkin e le leucemie delle cellule B, ndr)».

 

Nonostante le difficoltà e un approccio alla malattia che in famiglia aveva colto un po’ tutti di sorpresa, Grazia non esita a definirsi «fortunata. Durante la mia permanenza in ospedale ho visto tanti pazienti in condizioni più gravi delle mie, se non addirittura in coma. Attraverso i social network sono in contato con altre persone che sono affette dalla porpora trombotica trombocitopenica, una condizione con cui oggi convivo, ma che non mi impedisce di avere una vita normale: ovviamente accompagnata da controlli ciclici».

 

Se però oggi è qui a raccontare la sua storia, Grazia lo deve a chi quelle sacche che lei ha ricevuto per tanto tempo le riempie ogni giorno: «I donatori devono continuare nel loro gesto solidale che per tanti come me è vita. Noi ne siamo l’esempio. Senza il sangue e il plasma non avrei avuto alternative. Io stessa, prima di scoprire la malattia, avevo iniziato a donare e sulla mia pelle ho capito quanto sia prezioso fare qualcosa per gli altri». Soprattutto con l’avvicinarsi di un periodo come l’estate, tradizionalmente critico in termini di scorte di emocomponenti: «Ci sono donne, uomini, giovani e bambini che vivono per mesi in ospedale e che non sanno nemmeno cosa siano le vacanze. Ecco perché – conclude – bisogna sempre pensare al prossimo e non smettere mai di fare del bene».