A rischio le terapie dei talassemici. C'è anche l'appello di Donatella Rettore

 Ne avevamo parlato nelle scorse settimane:  la carenza di sangue acuita dal gran numero di donatori in quarantena o positivi al Covid sta avendo delle serie ripercussioni su numerosi settori della sanità nazionale.

 

A pagarne le conseguenze ci sono anche i pazienti affetti da talassemia, la malattia rara ed ereditaria del sangue caratterizzata da anemia cronica. Il nome deriva dal greco “thàlassa” (mare) e “haîma” (sangue) ed è stato scelto per via della grande diffusione di questa patologia nell’area del bacino del Mediterraneo. La sua terapia risolutiva consiste nel trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da donatori compatibili. Tuttavia, il trattamento standard si basa sulle trasfusioni di sangue ogni 15-20 giorni che inizia già in tenera età e prosegue per tutta la vita del paziente. 

 

Numerosi gli appelli al dono lanciati nelle ultime settimane dalle associazioni di pazienti come United OnlusThalassa Azione, Associazione Piera Cutino, Fondazione Leonardo Giambrone, a cui si sono recentemente aggiunte le parole di Donatella Rettore.
La cantante, che ha scoperto di essere talassemica all’età di 29 anni, è tornata a parlare della sua patologia a poche ore dalla partecipazione al 72° Festival di Sanremo.

Donatella Rettore_2Donatella Rettore

 

In un’intervista rilasciata alla rivista DiPiù l’interprete ha raccontato l’impossibilità a effettuare questo trattamento nelle scorse settimane: «Mi sento bene, per ora, ma il fatto di non essermi potuta sottoporre alla consueta terapia mi preoccupa. La pandemia ha comportato dei rallentamenti negli altri trattamenti e spero che questo non abbia delle conseguenze negative sul mio stato di salute».

 

Al di là delle difficoltà organizzative generate dalla pandemia, la storia della cantante ribadisce ancora una volta l’apporto determinante che i donatori, con il loro gesto etico e solidale, garantiscono ai pazienti cronici. Un impegno che spesso le fake news in circolazione hanno provato a mettere in discussione, ma che è stato riconosciuto e rivendicato da chi vive grazie alle donazioni e ai farmaci plasmaderivati.