AVIS e Fondazione Telethon, da 20 anni insieme per la ricerca

Il 14 ottobre è in programma un webinar per celebrare questo importante anniversario. Con la dottoressa Francesca Pasinelli, direttrice generale della Fondazione, ripercorriamo le tappe di uno straordinario percorso comune

 

Un impegno. Una mission comune. Lavorare insieme per fornire risposte e soluzioni concrete alle tante persone che sono affette da malattie rare. Il 2021 segna il 20esimo anniversario della collaborazione che AVIS Nazionale ha avviato con Fondazione Telethon, una partnership che, mai come in questo caso, può definirsi solidale. Un’azione congiunta, attraverso la scelta etica, volontaria e non remunerata, per contribuire a far sì che la ricerca scientifica continui a progredire nella conoscenza delle patologie genetiche rare, in particolar modo legate al sangue.

20 anni avis e telethon

In occasione di questa ricorrenza così importante, giovedì 14 ottobre è in programma un webinar organizzato da AVIS e Fondazione Telethon (nelle prossime settimane verranno forniti dettagli maggiori sull’evento) di cui vi mostriamo in anteprima il logocelebrativo.

Quello dell’impegno comune è una vera e propria macchina la cui corsa non è stata rallentata nemmeno dalla pandemia. Come mai? Perché la determinazione di donatori e ricercatori è più forte di qualsiasi emergenza. 

Con la dottoressa Francesca Pasinelli, direttrice generale della Fondazione Telethon, abbiamo voluto fare il punto dopo questi “primi” 20 anni di collaborazione e delineare le strategie comuni da attuare in futuro. Perché il diritto alla salute viene prima di qualunque altra cosa.

 

Dottoressa, quest’anno si celebra un anniversario importante: cosa rappresenta questo traguardo con AVIS e che bilancio possiamo tracciare?

«È incredibile che sia passato così tanto tempo. Ricordo il giorno in cui nacque il sodalizio, una collaborazione che ha rafforzato i rapporti tra le nostre due realtà che, insieme, si sentono ancora più solidali. Quello che, ancora oggi, posso constatare è che la ragione che ci ha spinto a iniziare questo percorso comune è l’importanza che viene data alle persone. I donatori AVIS sono individui sani che compiono un gesto straordinario per i pazienti e, allo stesso tempo, aiutano realtà come la Fondazione Telethon a studiare le malattie rare. Nessuno viene lasciato indietro e questa mission condivisa è la cosa che apprezzo maggiormente».

 

Francesca Pasinelli_2.JPGLa dottoressa Francesca Pasinelli

Le malattie rare sono un tema troppo spesso sottovalutato, ma è notizia dei giorni scorsi l’introduzione di un tavolo tecnico da parte del ministero: come giudica questa decisione?

«L’attenzione della politica ci conforta e ci fa ben sperare. Il tavolo non rappresenta un obiettivo di per sé, ma può essere uno strumento che conferma quanto l’argomento sia sentito. Probabilmente il lavoro di realtà come le nostre ha fornito una spinta decisiva e sono molto orgogliosa del fatto che al tavolo ci sia anche la dottoressa Maria Ester Bernardo, pediatra ed ematologa del nostro centro di ricerca San Raffaele di Milano dove stiamo sperimentando studi su emofilia e beta-talassemia».

 

Quanto nel corso di questi anni è stato, e può essere efficace in futuro, il ruolo dei donatori?

«AVIS rappresenta la cultura del dono e dà voce all’attività di Telethon. Per chi fa ricerca scientifica come noi, sapere di poter contare su una rete di questo tipo è strategico, un qualcosa che non può non portare risultati. Pensiamo alle patologie del sangue come la beta-talassemia, per la quale siamo già avanti con la sperimentazione clinica, o l’emofilia. Fatico a intravedere un futuro “libero” dalle donazioni di sangue. Non so a che punto siamo con la produzione di forme sintetiche che potrebbero portare molti pazienti a non dipendere più dalle trasfusioni, ma per tanti altri questa terapia rimarrà un vero e proprio salvavita».

 

Cosa è necessario fare per accrescere ancora di più la consapevolezza di quanto la donazione sia strategica in tale ambito?

«Nell’estrema difficoltà, la pandemia ci ha insegnato che il sistema ha retto perché, anche in ambito trasfusionale, è stata assicurata la stessa protezione sia a chi dona che a chi riceve. Questo gesto etico e non remunerato deve continuare a essere promosso così come abbiamo sempre fatto per le attività legate alla ricerca, attraverso una comunicazione chiara e sensibile che faccia capire quanto fondamentale sia per la salute della collettività».

 

Il periodo critico della pandemia pare solo un ricordo: quanto il mondo del volontariato e della ricerca sono stati preziosi di fronte a questa sfida inattesa?

«Credo che quanto stia avvenendo con la campagna vaccinale rappresenti un miracolo avvenuto, in tempi brevissimi, grazie a ricerche e infrastrutture preesistenti. Tenere una macchina del genere in assetto permette di rispondere prontamente ai bisogni dell’emergenza: questa è la strada da percorrere con l’aiuto del volontariato. Il mio auspicio è che questi 20 anni con AVIS siano solo i primi di un altrettanto lungo periodo di collaborazione. Ci sarà ancora bisogno di sangue donato, ecco perché occorre andare avanti insieme per mettere a disposizione di tutti le competenze e le esperienze di ciascuno. Ogni malattia rara risponde a una vita difficile da vivere: tutti hanno il diritto a vita di qualità, accesso scolastico e relazioni. E noi lavoriamo per questo».