XVII Giornata mondiale dell’emofilia, l’impegno dei donatori

Nel nostro Paese sono circa 5mila le persone colpite da questa malattia genetica. Il sostegno di AVIS Nazionale a FedEmo per individuare nuove proposte e percorsi assistenziali

È una malattia di origine genetica dovuta a un difetto di coagulazione del sangue. Stiamo parlando dell’emofilia, una patologia che, ad oggi, nel nostro Paese colpisce circa 5mila persone. Generalmente quando si verifica una fuoriuscita dai vasi sanguigni, l’attivazione delle numerose proteine presenti all’interno del plasma, in particolare il fattore VIII e il fattore IX, impedisce l’emorragia.

 

Nelle persone affette da emofilia queste due proteine sono carenti o hanno comunque un difetto funzionale, motivo per cui i pazienti interessati sono spesso soggetti a emorragie interne ed esterne più o meno gravi. L’emofilia di tipo A è quella più comune ed è caratterizzata da una carenza del fattore VIII: ha una percentuale di incidenza di un caso su 10mila. Quella di tipo B è invece chiamata anche come malattia di Christmas, che prende il nome dalla famiglia all’interno della quale venne individuata per la prima volta. Qui a essere carente è il fattore IX e l’incidenza è più bassa: si calcola un caso ogni 30mila. La terapia consiste nella somministrazione del fattore mancante attraverso farmaci per via endovenosa. Si tratta di medicinali concentrati plasmatici, cioè ottenuti grazie al sangue raccolto dai donatori volontari oppure di derivazione sintetica, i cosiddetti “fattori ricombinanti”. 

 

Ogni anno, il 17 aprile si celebra la Giornata mondiale dell’emofilia, un momento di confronto e di approfondimento sul tema tra associazioni, pazienti e istituzioni. Il 15 aprile, la Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) ha organizzato l’evento celebrativo dal titolo “Cronicamente raro: le risorse vanno percorse”, che è possibile riguardare attraverso questo link. Come ha spiegato la presidente, Cristina Cassone, «la giornata servirà per analizzare possibili sinergie con i servizi già in essere sul territorio e dedicati ad altre aree assistenziali e far emergere proposte concrete così da rendere maggiormente accessibili quei percorsi extra ospedalieri anche da parte dei pazienti emofilici. Un elemento di fondamentale importanza come ben evidenziato anche dalla pandemia in corso. Vogliamo prestare particolare attenzione a tutti quegli aspetti inerenti alla possibile demedicalizzazione assistenziale, anche con l’ausilio di tecnologie sanitarie innovative quali la telemedicina, al fine di riuscire ad organizzare e gestire a livello locale quella che dovrebbe essere un’impostazione di sistema condivisa a livello nazionale. Un approccio, questo, che potrebbe inoltre favorire l’uscita dall’attuale fase di stagnazione in cui versa l’applicazione dell’accordo MEC (Malattie emorragiche congenite) all’interno delle varie regioni e che garantirebbe una maggiore efficienza e autonomia nelle cure, impiegando risorse già oggi disponibili e utilizzate per altre patologie con caratteristiche di cronicità».

 

Per garantire terapie salvavita ai pazienti emofilici, da sempre sono in prima linea i donatori di sangue: «Patologie di questo tipo sono ancora oggi molto diffuse e, spesso, poco conosciute – spiega il presidente di AVIS NazionaleGianpietro Briola – una condizione in cui proprio i volontari giocano un ruolo fondamentale, assicurando scorte agli ospedali e farmaci plasmaderivati come il Fattore VIII della coagulazione. La scelta etica e non remunerata di centinaia di migliaia di donatori ha permesso e permette al nostro Paese di inviare dosi in eccedenza di questo prezioso medicinale ad altre nazioni che altrimenti non avrebbero modo di curare i propri malati, molti dei quali bambini. Tutto ciò è la testimonianza di come solo attraverso un sistema sanitario e trasfusionale pubblico che assicuri terapie e assistenza, sia possibile raggiungere e mantenere standard di vita ottimali per tutti».