Raccolta di sangue e tessuti nell’Unione Europea durante il Covid,

 gli aggiornamenti dell’ECDC

Nuove indicazioni sulla raccolta e la conservazione dei tessuti di origine umanasangue compreso, nell’epoca del Covid-19. L’ECDC (il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ha da poco pubblicato il secondo aggiornamento (il primo risaliva allo scorso aprile) con una serie di analisi sull’evoluzione della malattia emerse da recenti studi scientifici.

 

Obiettivo della ricerca è stato quello di affiancare i Paesi membri dell’UE nella risposta alla pandemia, anche attraverso le valutazioni dei rischi e le raccomandazioni per mantenere sicure le scorte di sangue e tessuti. Come si legge scorrendo le pagine del rapporto, lo studio ha ripreso anche la possibile correlazione tra il virus e i gruppi sanguigni, un tema del quale già lo scorso luglio avevamo scritto. Nella letteratura scientifica sono stati diversi gli autori che hanno riscontrato una percentuale più alta di pazienti positivi al Covid con gruppo A rispetto a quelli sani, con una proporzione ridotta di soggetti con il gruppo 0.

 

 

 

 

Ampio spazio è stato dedicato all’utilizzo del plasma iperimmune, in particolare nella prima fase della pandemia e in assenza di provate terapie antivirali o di vaccini. L’attivazione di numerosi centri e il numero crescente di pazienti convalescenti hanno supportato gli studi clinici non solo utilizzando direttamente il plasma, ma anche frazionando le immunoglobuline specifiche. È stato dimostrato come la trasfusione contenente un elevato titolo anticorpale effettuata durante il decorso clinico, sia efficace nel ridurre la mortalità di quei pazienti ospedalizzati non intubati e con un livello della malattia moderato o grave. Pur confermando, come già scritto e dichiarato dai vertici del Servizio sanitario nazionale, che per giungere a conclusioni certe su dosaggio e indicazioni terapeutiche sono necessarie ulteriori prove derivanti da studi randomizzati, il plasma da convalescente ha tuttavia dimostrato di poter accelerare la cleareance virale, nonché diminuire la progressione nella fase critica della malattia e accorciare la degenza ospedaliera dei pazienti positivi. In questo ambito, la Commissione Europea, in accordo con l’ECDC e l’EBA (l’Alleanza europea del sangue) ha pubblicato le linee guida per un programma di raccolta e trasfusione di plasma iperimmune. Il documento fornisce ai centri ematologici e ai medici una guida sulla raccolta, analisi, elaborazione, conservazione, distribuzione e uso monitorato del plasma e mira a supportare il possibile trattamento di pazienti gravemente malati nell’ambito di studi osservazionali o studi clinici randomizzati, nonché, a lungo termine, lo sviluppo di concentrati di immunoglobuline da parte dell’industria farmaceutica.

 

L’autosufficienza e, conseguentemente, la garanzia di accesso a sangue e tessuti viene ribadita come interesse per la salute pubblica anche nel documento dell’ECDC. È quindi considerata responsabilità dei centri riconoscere il potenziale impatto del virus sulle scorte e rispondere per garantire il mantenimento dei servizi essenziali. Tutto questo ricordando che, ad oggi, non è stato riscontrato alcun caso di trasmissione del Covid attraverso sostanze di origini umane o medicinali derivati dal plasma, in nome di quella sicurezza trasfusionale che più volte anche noi avevamo ricordato.

 

Un aggiornamento importante riguarda il calo dei donatori registrato nei mesi critici della pandemia. Come si legge nel testo, nella prima ondata “la riduzione del numero dei donatori è stata accompagnata da una conseguente minore domanda di trasfusioni. Un dato comune alla maggior parte dei Paesi europei”. In molti non si sono potuti recare negli ospedali perché colpiti dal Covid o perché in isolamento per essere stati a contatto con soggetti positivi, in linea con le raccomandazioni fornite dai rispettivi Servizi sanitari. Altri fattori ad aver inciso vanno individuati nelle limitazioni al trasporto pubblico, negli impegni di lavoro o, come registrato anche in Italia, nella paura, puntualmente smentita, di venire infettati. Un dato che ha inciso anche sull’attività trapiantologica, ridotta non solo per la riorganizzazione di molte strutture sanitarie, ma anche per il rinvio di interventi non urgenti. Tanto per fornire qualche numero, i dati del nostro Paese hanno evidenziato che c’era già una riduzione del 25% degli organi prelevati rispetto alle prime quattro settimane precedenti la prima ondata della pandemia. Secondo l’EBA, 15 Servizi sanitari nazionali e regionali europei hanno riportato una diminuzione media del 9% nella raccolta di sangue ed emocomponenti tra marzo e aprile 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre la flessione dei componenti del sangue distribuiti agli ospedali è stata del 12%. 

 

Nessuna carenza di farmaci plasmaderivati è stata segnalata dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), nonostante un rallentamento delle donazioni di plasma per frazionamento. Dato che il processo produttivo per questa tipologia di farmaci richiede dai 7 ai 12 mesi, eventuali carenze potrebbero comportare rischi di accesso alle terapie salvavita per molti pazienti. Tuttavia, ribadisce l’ECDC, la disponibilità di plasmaderivati in Europa “è elevata e dipende da territori extra UE, primi tra tutti gli Stati Uniti. Una situazione che quindi potrebbe essere l’effetto di un livello di raccolta non ottimale proprio oltre oceano”. 

 

Il documento, infine, approfondisce anche il comportamento da seguire per chi dona il sangue e dovesse, in prospettiva, effettuare il vaccino anti-Covid. In base alle direttive vigenti in UE e alla tipologia di vaccino a cui ci si sottopone, i donatori di sangue e tessuti possono essere rinviati di quattro settimane o donare subito se in buona salute. Poiché però le soluzioni contro il Coronavirus sono di recente sviluppo e gli effetti sulla donazione conseguentemente sconosciuti, gli Stati membri possono prendere in considerazione l’adozione di un approccio precauzionale e rinviare i donatori che sviluppano sintomi dopo aver ricevuto un vaccino SARS-CoV-2 fino a sette giorni dopo che i sintomi si sono risolti. Inoltre, i donatori dovranno rispettare gli stessi requisiti generali per la donazione dei donatori non vaccinati.